Sono tornato a svangarvi le palle. Ho deciso di farlo presentando libri. Ecco a voi il paradiso e l'inferno. La scimmia della fantascienza e gli emo ggiovanilisti. Ho ancora brividi al pensiero di aver letto certa roba.
L'INFERNO: Giorgio Fontana - Novalis
Un paio di recensioni che ho letto di questo libro lo definiscono "Rock".
Niente di più forcutamente falso. Questo è un romanzetto emo.
Morti a palate sarebbero normalmente un punto in più nella mia classifica del romanzo ideale. Stavolta sono un demerito. Passando sopra al fatto che l'autore ha il classico vizio di fingersi giovane (e se lo è allora è vecchio dentro). Per non parlare della lingua in cui scrive.
Davvero. Sembra un romanzetto scritto da un wannabe super emo 45enne.
La storia: il protagonista è un ex musicante fallito. I suoi genitori stanno male o qualcosa di simile. Conosce una ragazza che si prostituisce in chat. Va a degli spettacoli snuff in cui la gente si spara. Il gruppo "teatrale" - reggetevi forte - si chiama Novalis.
Novalis può sembrare il nome di un antibiotico ma è in realtà lo pseudonimo di un intellettuale del romanticismo tedesco. Già questo sfoggio non richiesto di cultura mi ha fatto girare a mille il cazzo.
Anche perché Novalis ha scritto robe tutto sommato godibili - gli Inni alla notte cui fa riferimento anche il libro, ad esempio.
Georg Friedrich Philipp Freiherr von Hardenberg aka Novalis starà turnicando a mille nella sua povera tomba come una sorta di tagadà per vermi a quest'ora.
Per arrivare finalmente al punto: questo libro mi ha scatenato istinti suicidi per giorni. Sul serio. La storia è lacrimevolmente e pazzescamente vuota e ti fa venirer voglia di seccare una bottiglia di Jack Daniels prima di far bungee jumping nudo dal Ponte di Enego.
Non ve lo consiglio proprio per niente.
Riassunto: brutto italiano, brutta storia, inutilmente depressivo, altamente sconsigliato a donne incinte, bimbi e cardiopatici. Il libro giusto per invadere senza sforzi un paese come San Marino.
Unico punto positivo, la troia. Tutti noi abbiamo sempre voluto conoscere una che scrive il proprio numero VERO sulle pareti dei bagni dei maschi in autogrill. Un vero peccato che lo faccia il protagonista.
VOTO: 1,5/5
IL PARADISO: Roy Lewis - Il più grande uomo scimmia del Pleistocene
Ora finalmente un bel libro.
Nella mia malata negatività distruttiva difficilmente spendo belle parole. Questo è un bel libro. Questo è un libro di culto. Nel senso che lo presterete molto molto riluttanti e stresserete gli amici perché lo leggano e perché vi sentirete parte di una conventicola segreta che lo ha letto. Una volta ho sentito una ragazza random in giro parlarne e il mio cuore ha subito lo stesso inconveniente di quello del Grinch alla fine del film. Mi sono dovuto sottoporre ad un intervento di riduzione del miocardio per recuperare la mia usuale malvagità.
Innanzitutto sembra noioso. Dico: la vita quotidiana di un'orda di uomini scimmia nel Pleistocene prima dell'agricoltura? Roba da scartavetrarsi i coglioni dalla noia. Questo screma già un numero stravagabrillante di lettori cui il libro non è destinato, evitando così effetti Moccia.
Anche perché la cosa che più si avvicina ai libri di Moccia in questo formidabile romanzo sono i mugugni del tipo: "Perché non mi posso scopare mia sorella?" e "Porco giuda, donna, fermati e lasciati tirare in testa questa clava così che tu possa diventare mia sposa!" (entrambe sono mie parafrasi).
No all'incesto, sì al bernoccolo nuziale. Questo libro già mi avrebbe convinto.
Eppure questo è un libro di fantascienza. Liberissimi di non credermi.
La storia è semplice. Qui è la Preistoria in realtà. Perché questo è il racconto di una famiglia di uomini scimmia del Pleistocene. Mica bruscolini.
Una famiglia geniale. Di quelle che cambiano il mondo.
Per dirla con Terry Pratchett (ci ritornerò sopra) "è il racconto di un gruppo di uomini scimmia che mette le mani su alcune delle cose più pericolose mai inventate dall'uomo: il fuoco, la lancia, il matrimonio e così via..."
Ma il punto di forza è che i dialoghi non sono quel genere di tentativi storici in cui i personaggi parlano come se fossero davvero dell'epoca (in questo caso pagine e pagine di "Unga batanga farabaga guga"). No. I personaggi parlano come degli scienziati sperimentali dell'800.
"Questo è in nuce il principio della retroazione" è una delle battute più riuscite del libro e mi ha fatto rotolare giù da un divano. Maledetto Lewis. Il mio gomito ti odierà per sempre.
Come se dei vichinghi si mettessero a discutere di materialismo dialettico o Seneca volesse confutare l'imperativo categorico kantiano.
Giudizio finale: un bel libro. Un gran bel libro. Ti fa venir voglia di tornar sugli alberi assieme all'antimodernista zio Vania. O di cacciare assieme all'orda. Leggetelo leggetelo leggetelo. E se non lo fate possa un Hipparion investirvi. Sulle strisce. Tiè.
VOTO: 4,5/5
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