sabato 31 agosto 2013
Vasti sogni
(Premessa: consiglio preventivamente alla lettura, di aprire questo ascolto come sottofondo http://www.youtube.com/watch?v=6lyDmtTLEew se posso)
Sono in un ampio cortile circolare di un palazzo storico. Il terreno è in pavè, e in tutta la vista risalta il bianco di qualsiasi struttura: statue, fiorere, balconi bassi e mura.
Davanti a me, oltre un grande colonnato, si estende una lunga e ripida gradinata bianca. Sono quegli scalini col bordo superiore sporgente e arrotondato, vecchi di mille anni ma ancora con un'aura splendente.
A un certo punto della scalinata la visibilità e l'accesso sono preclusi da uno spesso e pesante sipario da teatro, in classico color porpora.
Lateralmente al cortile vi sono zone verdi: piante, siepi, fontanelle, alberelli. Luoghi in cui nascondersi e in cui stare bene penso, ma dove nessuno andrebbe per paura della noia, alimentata dall'odierna corruzione del libero arbitrio.
Alle mie spalle la città. O almeno ne è visibile una piccolissima porzione attraverso una porticina, piccola forse per limitare la contaminazione del mondo esterno a questa area in cui mi trovo.
Con me riconosco un amico, Ugo, e ci sono un'altra notevole quantità di persone della mia età circa, se non piu giovani. Alcuni visi conosciuti o già visti almeno una volta. Chiaramente stavolta, non nebbiosi e traslucidi come solitamente nei sogni. Sono tutti catturati da un fermento, mentre io spaesatissimo cerco di capire cosa accade e perché animatamente, si muovono verso il drappo rosso che interrompe così cupamente quelle scale.
Sono solo, ultimo della processione, non mi resta null'altro da fare. Entro anch'io timorosamente. Non tanto per curiosità o volontà di appartenenza a un gruppo, ma perché qualcosa o qualcuno mi fa arrivare un messaggio invisibile di fiducia.
Superato l'ostacolo di tessuto mi si apre un mondo, in un ondata di trasalimento. Le persone sono agitatissime, indaffaratissime, agguerrite come fosse una battaglia. Ci sono attività frenetiche, discussioni, riunioni, creazioni di pannelli con messaggi. Il punto che accumuna tutto questo formicaio non mi è esplicito ma mi infonde un calore, una soddisfazione, una sensazione di rinascita, che non hanno confronti con tutte le mie precedenti esperienze.
Concluso questo illuminismo personale, il gruppo si sposta all'esterno, verso la città, che si scopre essere la meravigliosa Trieste. Inizia una passeggiata in cui si svelano le bellezze architettoniche e ambientali del paesaggio che ci circonda. L'elemento che rende magici questi due caratteri dell'intorno è il matrimonio perfetto tra essi. Strette e ciottolate strade tra i colli sono costeggiate da floridi e alti alberi che precludono la vista sulla valletta sottostante, e terminano su poveri e piccoli palazzetti che ispirano intimità e accoglienza anzichè un simbolo di potere o governo del territorio. Numerose fontane conferiscono alla città benessere e musicalità. L'aria che si respira è fresca e inebriante. Ad ogni angolo che si svolta, si prospetta un nuovo quadro, sorprendentemente più bello del precedente. Scorci tra le case attirano la vista verso ingressi completamente circondati da rampicanti e giardini che oltre i cancelli sembrano irraggiungibili. Sono cosi immacolati e splendenti che infondono l'idea che non ci siano persone ad abitare le vecchie case o i palazzetti. Che non ci sia il rischio di contaminare queste piccole riserve naturali-architettoniche.
Ammaliato da tutti i piccoli dettagli che offrono queste visioni mi accorgo out of the blue di esser rimasto solo. Nuovamente l'ultimo della fila, e stavolta anche troppo. Accelerando il passo non faccio che peggiorare la situazione poiché finisco in una stradina contorta talmente stretta che mi costringe a incucciarmi. Sono circondato da fiori e aiuole con moltitudini di piantine diverse e non posso che continuare la scoperta nonostante la fatica del corpo che ormai è quasi prono, strisciante. Arrivato al definitivo vicolo cieco, comprendo che la bellezza era lì solo per essere apprezzata e non per indicare una via.
Tornando indietro, ormai convinto che non ritroverò più i miei compagni, resto ancora una volta sorpreso davanti a una nuova vista. Da piccola casetta, di un acceso color terra bruciata, romanticamente circondata da edera che avvolge le colonnine del giardino, esce una donna. Ha i capelli corti e i tratti fini e minuti. Sembra una ragazzina fisicamente, ma parlandomi dice di avere 53 anni. Io le chiedo dove siamo, mentre sbarro gli occhi osservandola, analizzandola per poter comprendere come possa aver cosi tanti anni per non dimostrarli, eccezion fatta per la luce degli occhi, che denota senza possibilità di fraintendimento la sua saggezza interione. Non ho risposta da lei, solo un indicazione, un gesto invisibile, un vento tiepido che mi fa voltare lo sguardo in direzione di un ingresso dal quale sono attratto e mi incammino quasi inconsapevole. Girando la testa per cercarla, lei sta già correndo via, agile e triste, come un ricordo.
Superando la porta dell'ingresso sconosciuto, confuso da ciò che era appena accaduto, pervaso da sensazioni contrastanti, vedo in fondo alla stanza Ugo. Li avevo ritrovati. Improvvisamente Ruphus mi prende sotto il braccio, trascinandomi in un posto senza pensieri.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento