lunedì 19 maggio 2014

Una regione p-unita dalle acque



L'acqua da la vita, l'acqua la toglie.


Sembra quasi che la Natura, ancora una volta, ci ricordi che all'uomo non appartiene questo diritto.
Il ciclone Tamara sta abbandonando i Balcani in queste ore lasciando dietro di sé la devastazione.
In 72 ore sulla Bosnia centro orientale e sulla Serbia occidentale si è rovesciata una quantità d'acqua pari a quella che in media piove sulla regione in quattro mesi. Un'alluvione come non si vedeva da 120 anni.

Non credo che sia una coincidenza scrivere questo post poche ore dopo la morte di Dobrica Ćosić, il letterato che chiamavano Padre della Nazione, giovane partigiano preoccupato di proteggere il potere centrale di Tito dai nazionalismi periferici, divenuto poi il primo presidente della Repubblica Federale di Jugoslavija (leggasi Serbia e Montenegro) nel '92 e strenuo difensore del nazionalismo serbo.
Ha scritto anche belle poesie.
La vita di un uomo che è il simulacro della storia di una regione.

È come se con questa pioggia tutto finisse e ricominciasse nuovamente. Un battesimo.

Dal 15 maggio in Serbia vige lo stato di allarme. I primi soccorsi sono arrivati da Croazia e Macedonia.
E poco dopo sono arrivate 70 unità speciali dell'esercito russo.
Dopo due giorni operazioni di salvataggio e evacuazioni, la Protezione Civile, la Croce Rossa, le forze di Polizia, i Pompieri e l'Esercito hanno richiesto l'aiuto di volontari.
Solo a Belgrado, che attende l'ondata per mercoledì, si sono fatti avanti 12.500 volontari per rinforzare gli argini del Danubio. Tutto ciò mi fa pensare alle ORA, alle azioni di lavoro giovanili che di anno in anno hanno costruito la Jugoslavija (o che similmente hanno permesso la ricostruzione di Skopje nel 1963 dopo un terrificante terremoto).
Quello che mi interessa non sono i numeri, ai quali comunque arriverò a breve, ma far notare che molto è cambiato in questi anni: oggi la Croazia ha aperto i confini a tutti gli sfollati bosniaci, anche se privi di passaporto, nonostante l'acqua abbia iniziato a devastare anche i suoi territori.

L'acqua lambisce tutto, e unisce tutti nel dolore.

Venendo ai numeri, i dati sono incerti. La stampa serba è stata accusata di alimentare inutilmente il panico, quella estera di tacere troppo. Stando ai dati rilasciati dal neo-governo di Aleksandar Vučić, sempre in prima fila nei soccorsi, 20 province serbe sono state colpite, circa 25.000 persone evacuate, 2.300 edifici allagati.
L'80% della città di Obrenovac è sott'acqua. E qui si contano 12 morti.

I Bosnia le cifre sono anche più catastrofiche: 1,2 milioni di persone in un modo o nell'altro sono stati danneggiati da questa alluvione. Si sono registrate 53 frane, alcune si sono portate con sé intere case.

In questa mappa è possibile vedere la situazione attuale dell'allagamento.

Le conseguenze di tutto ciò sono immaginabili: mancanza di acqua potabile, di cibo, di medicine e vestiti.
E senza vergogna arrivano gli sciacalli ad triplicare il prezzo dei beni di prima necessità.
Qualcosa come 100.000 case in Serbia sono senza elettricità.

Ad ogni modo anche il sistema di aiuti internazionali si è attivato. L'Unione Europea ha risposto alle richieste di aiuto e Germania, Austria, Slovenia, e Repubblica Ceca si sono fatte avanti per aiutare.
Già questa notte all'aeroporto Nikola Tesla di Belgrado sono arrivate le pompe di drenaggio e le barche inviate dalle Nazioni Unite. L'UNICEF ha stanziato 60 cisterne di acqua e tre sistemi di filtraggio.
Da Brindisi è già partito un aereo con attrezzature di salvataggio e un'altro dovrebbe arrivare in giornata con i viveri.

Per chi volesse aiutare qui trova le informazioni e le coordinate per effettuare donazioni per la Serbia e qui per la Bosnia.

Vi lascio con la visione di questo video in cui l'acqua si porta via un intero ponte.


Più di 60 ponti come questo sono stati spazzati via dalla forza distruttrice della natura.
Abbiamo una nuova possibilità di ricostruirli insieme.

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