mercoledì 21 gennaio 2015
An spéir na hÉireann (Il cielo d'Irlanda - parte 1)
Fa freddo qui.
Fa freddo in questa landa spazzata dal vento, coi suoi accenti impossibili, col suo cielo cangiante.
Sono qui da due settimane e se non fosse per la lingua non mi renderei nemmeno conto di essere all'estero. E anche così faccio fatica: l'inglese mi è stato inculcato a fondo da una lunga serie di implacabili per quanto misericordiosi educatrici ed educatori e non mi crea troppi problemi.
Non è così per altri italiani, dai quali sto ben distante.
Ora che vi scrivo il cielo è grigio, nuvoloso e minaccioso.
Ieri ho visitato la cattedrale di san Patrizio e il cielo era azzurro. E faceva freddo.
Tutti parlano di quanto piove in Irlanda al punto che ero pronto a prendere lezioni di kayak per sopravvivere in un futuro prossimo. Avrei fatto meglio a squartare il piumino di casa per fabbricarmi un giubbotto in stile primitivo da mettere sopra il giubbotto che mi sono portato dietro.
Persino gli svedesi e i finlandesi si lamentano.
In realtà oggi ci sono (apparentemente) 5 gradi. Il problema è che in casa ce ne saranno massimo massimo 13 ad esser generosi. Il problema è questo: se fa freddo fuori chi se ne sbatte, ma è una tragedia se entrare in casa non significa scaldarsi.
La birra qui è un sogno.
Non nel senso che non ne bevo, nel senso che è proprio buona.
Allora via di pub, d'altronde è un modo come un altro per stare al caldo.
Dal momento che di irlandesi con cui abbia scambiato più di tre parole ce n'è solo uno, parlerò brevemente del gruppetto con cui inizio a girare.
Sono più o meno tutti 19-21enni, portando all'incredibile risultato di avere il sottoscritto e una ragazza quasi 30enne come i più grandi del gruppo. Sono quasi l'unico a fare la magistrale. Quando dico che sono già laureato mi sento tanto tanto uomo vissuto. Poi racconto una barzelletta e scompare tutto.
Per il momento è un gruppo molto eurocentrico: finlandesi, tedeschi/austriaci, francesi/belgi, italiani (io e un'altra), canadesi e australiani. In ogni caso se non europei, figli dell'impero Europa.
Unica eccezione, una francese per metà algerina che però non parla arabo: squalificata.
Dicono che l'Erasmus (tanto vale dirlo, sono a Dublino per far finta di studiare per qualche mese...) ti cambi la vita. Mah, sarà. Io per il momento (ma è presto per dirlo) inizio a veder emergere i soliti vecchi schemi comportamentali: due francesi amiche per la pelle, due austriaci che vivono nella stessa casa, un sacco di gente che vive negli appartamenti per studenti del college e io a casa che non faccio niente e prego che qualcuno abbia voglia di uscire.
Cioé, ho dei coinquilini, ma sono un po' strani e in queste situazioni ho bisogno di molto tempo per fidarmi, devo prima annusare bene l'aria.
La sofferenza per la solitudine e la noia se ne andrà non appena i corsi inizieranno a farsi più seri, immagino.
Per il momento ho frequentato le prime lezioni di Introduction to Islamic Civilisation e Contemporary Islamic Movements. Sono entrambi i corsi molto interessanti e la professoressa contribuisce notevolmente a renderli tali. Abbiamo iniziato con dei dibattiti sulla libertà di parola in riferimento a Charlie Hebdo; ovviamente mi sono sempre trovato - volontariamente o no - dalla parte dei difensori della libertà assoluta.
Chiudo qui per il momento. Sono le 5 e mezza, devo leggere degli articoli per domani e sto scrivendo coi guanti addosso, tanto per darvi un'idea del freddo.
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