martedì 15 gennaio 2013

Inverno e traslochi e ventoventovento



L'inverno è una tortura.
Abituato come sono a lamentarmi da futuro mai pensionato e considerato che rinchiuso in me c'è l'animo di un ottantacinquenne parcheggiato in ospizio che lotta per uscire l'inverno offre spunti interessanti per sfogare il mio fastidio nei confronti della vita dell'universo e tutto quanto.
Il fatto è che odio le precipitazioni. Odio in maiuscolo.
Il tempo atmosferico è mio nemico giurato e da creatura della penombra qual sono neppure la bella stagione si presta ad una diminuzione dei miei improperi.

Al sole fa caldo. D'inverno fa freddo. La pioggia bagna e l'ombrello è scomodo. La neve poi peggio che peggio. Giusto l'ombra fresca degli alberi in estate si salva. Ironico che il mio dio di riferimento sia incaricato proprio del clima. Oltre a distruggere giganti del gelo. Motivo per cui quando prego il generalissimo sta bene attento a non farsi vedere in giro. Non si sa mai.

A questo proposito ho sempre proposto con scarso seguito di creare oasi protette di vergini sacrificali. Sto scherzando. (Però chi cade nelle trappole di "www.sposerusse.scopatagarantita.tj" [Tajikistan] potrebbe essere un buon candidato...)
Sacrifici a parte quanto fastidio dà la pioggia nell'unico weekend in cui potresti permetterti una grigliata o una gita in montagna assieme ai tuoi superimpegnati amici?
Meditate gente. Meditate.

Deliranti proposte a parte.
L'inverno della steppa è tremendo. Nonostante il vuoto golfo della malinconia garantisca qualche grado in più rispetto alla pianura della tristezza.
Qui nelle steppe sferzate dal vento del male e impestate di vecchi sai che è inverno quando la prima bolletta del gas arriva e ti fa venire voglia di urlare.

Un aneddoto a proposito del vento. Un mattino mi sveglia un rumore assurdo tipo "tonktonktonktumptumptonk". Ore 6:30. Il generalissimo non c'era e il vicino era ancora single. Chi in buona coscienza e in possesso delle facoltà mentali si mette a spostare i mobili a certe ore? E non dico tipo trascinare una sedia. Tipo spostare armadi con l'intero guardaroba di un camerino da nightclub dentro. Dopo mezz'ora passata a stramaledire quelli di sopra e a desiderare che gli crollasse il soffitto in testa mi alzo col preciso intento di ardere vivi quegli infedeli per il massacro acustico. Erano le tapparelle della mia finestra.
Dentro i doppi vetri il vento le faceva sbattere. La causa? una fessura di cm 0,2 di diametro.

Ora capite perché l'inverno riscuote presso di me la stessa simpatia con cui vengono trattati i cori di Geova ("Le interessa la parola di Dio?") la domenica mattina alle otto e/o i traslochi veri o presunti alle sei e mezza.
Unico aspetto positivo di questa stagione è che il freddo portato dal generalissimo dei ghiacciai mi costringe a vestirmi a più strati e sembro meno una campagna contro l'anoressia che non in estate.

Al prossimo trasloco.

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