lunedì 17 giugno 2013

DIO E' GAY







"Salve a tutti,
Mi chiamo Jean, questo è il mio nome d'arte.
Lavoravo e vivevo vicino a  Via Anelli a Padova nella via più brutta del quartiere più brutto, triste coincidenza che capita agli ultimi. Sono un trans. Scrivo questa lettera perché vorrei incontrare una persona:

"Vorrei incontrare un giorno una persona che possa spiegarmi il vero significato dell'amore.

La vorrei incontrare e vedere che il suo volto è esattamente uguale al nostro.
Si perché l'universalità dell'amore credo si fondi proprio nell'essere un sentimento estremamente personale.
Tanto universale da riempire i muri, le canzoni, le poesie, le nostre giornate, tanto personale da essere indefinibile con un singolo concetto.

Eppure di amore si parlerà sempre.

Chi siamo noi dunque per giudicare?
Provate solo a pensar di provare a definire l'amore, accettereste improvvisamente una definizione che non vi appartiene?
 Credo di no.
Vi è mai capitato che qualcuno dia per scontata la vostra opinione e decida al posto vostro?
A me si, molte volte.
Vi è mai capitato di pensare ad una cosa che immediatamente ha iniziato a farvi provare un sentimento di ribrezzo, di schifo?
Era o non era qualcosa che vi siete rifiutati di affrontare, di accettare soprattutto fino ad arrivare al punto di disprezzarlo?
A me si, lo ammetto e credo di essere ancora impreparato qualora una situazione del genere mi ri-capitasse.
Pensandoci, credo che tutto ciò derivi dal fatto che questa vita non basta a conoscere il mondo perché conoscere il mondo significa prima di tutto conoscere noi stessi.

Dicono che l'intolleranza derivi dall'ignoranza. Non credo sia vero fino in fondo. Sono pronto a scommettere sull'esistenza di numerose persone totalmente ignoranti - nel senso occidentale del termine - pronte ad accogliere il diverso e ad accettarlo.
Credo dunque che l'intolleranza derivi prima di tutto dal rifiuto di conoscere se stessi, dal rifiuto di accettare le proprie mancanze anche terribili, le proprie perversioni inaccettabili dalla pubblica piazza.

Credo anche che esista una profonda differenza fra atteggiamento e comportamento.
L'atteggiamento è una propensione a qualcosa, una simpatia verso un'opinione, un essere democratico a parole e non nei fatti. L'atteggiamento può essere definito grazie a Giorgio Gaber con questa frase: " La rivoluzione oggi no, ma domani sicuramente!"
L'atteggiamento mi è odioso.

Il comportamento è sincerità, è vera adesione. Il comportamento è praticità e naturalezza.
Il comportamento è rivoluzionario se vuole esserlo.
Il comportamento è profonda salita, non è ipocrita come l'atteggiamento.

Atteggiarsi sta un gradino sopra all'essere intolleranti. Abbiamo capito che l'intolleranza fa cagare ma non sappiamo come superarla e allora ci atteggiamo. Rifiutiamo di capire che l'intolleranza non è fuori ma dentro, rifiutiamo di accettare il fatto che in ognuno di noi risiede un potenziale omofobo della peggio stirpe. Nel peggiore dei casi lo diventiamo, se non lo vogliamo diventare ma non ci capiamo fino in fondo ci atteggiamo, se accettiamo la sfida in salita  arriviamo con fatica a comportarci.

Io su molte cose mi atteggio.

La politica è un atteggiamento continuo. Le istituzioni ci preparano all'atteggiamento. Ci convincono che atteggiarci cambi il mondo, che le buone maniere, la diplomazia e il perbenismo da discorso di fine anno sia la strada migliore. Ci illudono dicendoci che gli scontri in piazza da noi sono un cattivo comportamento mentre a casa degli altri sono fatti da giovani pronti al cambiamento. Nascondono le centinaia di punti di vista, di comportamenti e non atteggiamenti che possano attivare trasformazioni benevole.
Questo è il nostro stato. Una nazione ricca di storia ma sterminata di steppe aride e dure da affrontare.
Per me la vita è dura e piena di rinunce.
Ad una cosa però non voglio rinunciare: alla mia definizione dell'amore."


                                                                                                             DIO E' GAY.










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