martedì 2 luglio 2013

Considerazioni


Per una rara volta abbandono i miei classici racconti di sventura e parlo di cose un po' più serie. Per la vostra gioia userò anche le virgole.

1. Dell'agire collettivo

Se c'è un segno distintivo dell'epoca che viviamo, la cosiddetta post modernità, è l'incomunicabilità. Viviamo in una società talmente piena di informazioni e di mezzi di comunicazione che non sappiamo più comunicare. Peggio ancora, non conosciamo più la dimensione collettiva.

Siamo connessi a tutto il mondo: se volessi (ma anche no), potrei chiacchierare con un brasiliano, un russo o un neozelandese senza levare il sedere da questa pulciosa sedia. Un tempo avrei dovuto investire tempo ed energia nello scrivere una lettera, soldi in francobolli e moltitudini di orazioni per richiedere a qualche santo di far arrivare sana e salva la missiva.

Il problema è che si sono spostati i luoghi della collettività. Dopo la grande transizione dalla piazza del mercato al non-luogo del centro commerciale, abbiamo spostato la discussione politica e sociale da sedi di partito/centri culturali alle pagine web, i comizi dalle folle assiepate sotto i palchi alle dirette streaming.
Manca in questo modo il contatto fisico. Manca la dissidenza corporea, la bestemmia perpetuata a seguito di una dichiarazione a sorpresa (sgradita) o il gesto/urlo che prorompe a seguito di un irrazionale ed estemporaneo entusiasmo. Le manifestazioni vedono sempre meno seguito tanto più che si facilita la diffusione degli appuntamenti.

Non pretendo di dare risposte, mi interessa piuttosto sollevare il problema.

Internet è potentissimo. Un mezzo di comunicazione incredibilmente veloce, semi interattivo e più economico della televisione: detta così sembra che si sia sconfitta la solitudine.

Invece paradossalmente aumenta: lo schermo del computer e le conversazioni virtuali danno un'apparenza di comunità e comunione (nell'accezione etimologica del termine, non quella cristiana) perpetuando però un isolamento; scrivendo al computer, scrivendo questo stesso pezzo, sono solo. Sono io, solo, che mi rivolgo ad un pubblico che lo leggerà, solo ed individualmente, e spero vorrà ribattere. Il fatto è che non sarà un vero dibattito. Sarà una discussione epistolare soggetta ad infiniti equivoci a causa della mancanza di toni di voce, espressioni facciali e gesti. Mancano le indicazioni fisiche (sonore e visive) chiamate prosodiche e pragmatiche.
Manca ossia tutta la parte che va oltre il segno e di conseguenza il significato ne esce monco, se non addirittura storpio.

Chiedo scusa per la parentesi linguistica (allego link a wikipedia per ulteriori chiarimenti), ma è necessaria per passare alla seconda considerazione:

2. Democrazia digitale o soltanto virtuale?

Si arriva, seguendo questo ragionamento, ad una considerazione che risulta sempre più interessante: lo sviluppo della democrazia digitale.
Per quanto la circolazione delle informazioni sia un tratto essenziale e imprescindibile della forma democratica più avanzata, internet si concilia male con la pratica della democrazia.

Mi spiego: riprendendo il discorso di prima sulla mancanza di comunicazione, la politica via web è deleteria e problematica, per mancanza degli elementi fondamentali della comunicazione, ossia la vicinanza fisica. La politica è un campo in cui i tratti soprasegmentali cancellati dalla scrittura assumono valenza straordinaria. La stessa frase cambia radicalmente significato a seconda del volume della voce, dell'inflessione, dei gesti che l'accompagnano:
l'innocente "Che facciamo adesso?" può diventare un commento sarcastico modificando l'intonazione, un attacco feroce alzando la voce e muovendo le mani o una palese resa con un abbassamento del volume ed un'espressione intristita. Su Internet è "Che facciamo adesso?", punto e stop.

Il problema è appunto che si sostituisce l'interpretazione personale alle parti moncate della soprasegmentazione.
Mi è capitato plurime volte di litigare per un messaggio: mi era capitato in un momento di fastidio, in assenza di segnali di senso (sono un fan delle emoticon per un motivo preciso) l'ho misinterpretato e ho reagito di conseguenza: incazzandomi come una biscia e avviando una reazione a catena di malintesi e attacchi gratuitissimi.

Per questo diffido di chi propone la democrazia digitale. Fare politica con le emoticon mi pare bambinesco oltre che difficile. sarò anche un bacchettone, ma mi sarebbe difficile prendere sul serio un Presidente della Repubblica che usi un XD nel messaggio di fine anno. O un Papa su Twitter.

La politica deriva giustamente da polis (città in greco antico) ed è giusto che tale rimanga il posto deputato ad essa: in mezzo alla gente, nella comunicazione fisica e nella pratica comunitaria assembleare. Non davanti ad uno schermo (televisivo o del computer che sia), poiché ciò che viene è una falsa interattività.

3. Della risposta

Concludo con un piccolo appunto per prevenire un'eventuale critica: come sarebbe a dire che internet non è interattivo?

Internet è un media interattivo, sicuro, ma gerarchico: l'interazione avviene tra i fruitori che sono, come dire?, alla mercé della buona volontà del fornitore se vogliono avviare un dibattito.
Un esempio concreto: durante un comizio è possibile avviare una contestazione, mettere in difficoltà l'oratore e deviare il discorso sui temi che si vuole evidenziare. In una diretta streaming, o peggio su Youtube, tutto ciò si riduce alla possibilità di lasciare un commento (la cui pubblicazione è però spesso a discrezione dell'autore, dei moderatori o di chi per loro), cui l'autore può rispondere o meno senza rischiare alcun tipo di pressione sociale. Brutto, quando un politico si rifiuta di rispondere ad una domanda dal pubblico e/o fa intervenire la sicurezza. Normale, quando l'autore di un video non risponde ai commenti o il proprio commento sul blog viene bloccato.

Infine, contraddicendo quanto detto prima, internet è tuttora un media classista e profondamente diseguale. Per quanto nel Primo Mondo sia sempre più facile ed economico ottenere una connessione, il capitale iniziale è tendenzialmente comunque elevato, il digital divide ancora in piedi (in città si prende molto meglio che in campagna, in pianura rispetto alla montagna, al Nord rispetto al Sud) e le conoscenze pratiche richiedono tempo spesso negato a chi potrebbe essere interessato a fruirne.

Tutte cose che la politica faccia a faccia, grazie a lotte ed evoluzioni alle volte spettacolari, era riuscita a limitare, se non eliminare del tutto.

Con questo mi fermo. A voi la parola, i commenti sono aperti.

(Un ringraziamento speciale va a:
Wu Ming, il cui blog mi ispira grandissimamente
Giuliano Santoro, per alcuni spunti raccolti durante la sua presentazione del libro "Un Grillo qualunque"
KeinPfusch, per un'analisi imprescindibile delle modalità tecnologiche della democrazia digitale)

1 commento:

  1. Semplicemente è stata spostata la piazza intesa come raduno delle persone per socializzare e scambiare beni o servizi, infatti internet non ci consente solo di chiaccherare o di ascoltare pareri, ma ci permette anche di comprare o informarci, rappresenta così tanto l'interazione umana e la completezza dei nostri fabbisogni sociali (se escludiamo un rapporto fisico, cosa che sta diventando addirittura usuale nelle nuove internet generation) ed esaudisce , volendo, ogni nostro desiderio materiale.
    La piazza da sempre è un mezzo politico potente, fin troppo, ma una piazza virtuale non potrà mai sostituire una piazza reale, per l'energia che porta , per la scarica adrenalinica che ci porta marciare tra pari per uno scopo comune. Questo la virtualità non ce lo potrà mai dare, possono darci un surrogato, come i filmati della manifestazione, ma non sarà mai la stessa cosa.
    Purtroppo una generazione sempre più impigrita e instupidita dell'utilizzo maniacale ed errato di mezzi potentissimi è alle porte, questa nuova generazione che fra 5 anni inizierà a votare e che è stata rincoglionita dalla tv e da un istruzione scadente, senza cognizione di cosa sia un rapporto sociale assente da una comunicazione virtuale, sempre più connessa alla rete, con sempre meno idee se non le idee della massa e del giudizio della massa.
    Se non verranno cambiati i modi di utilizzo di mezzi stupendi e potentissimi come il computer o la tv ci ritroveremo una massa di incapaci, che penseranno a 140 caratteri, con opinioni inculcate da altre persone.

    -GDR-

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