lunedì 7 ottobre 2013

Fenici


Immobilità da panico.

L'immersione nel terrore liquido, bollente, nero e vischioso come petrolio.
La vertiginosa inversione del respiro nel momento in cui ci si butta.
La pietrificazione degli arti e della volontà.

Il terrore controproducente, la paura totalmente illogica che fonde i piedi al terreno, le mani ai fianchi, i neuroni alla morbida sostanza budinosa del cervello.
Siamo stati creati per reagire agli stimoli, per scattare ai pericoli, per trovare soluzioni veloci ai problemi. Ma talvolta il meccanismo s'inceppa, la macchina umana si blocca (e s'inverte) per una manciata di secondi che possono esserle fatali. L'organismo rischia il proprio annullamento per un piacere immenso. Che varrebbe cento volte la morte più dolorosa.

Nel momento della paura, un brivido gelido e saturo di morte scende strisciando sinuosamente lungo la schiena. Lentamente, per darci il tempo di sbarrare gli occhi, di contrarre le dita e di rabbrividire, scrollandolo giù e rigettandolo a terra.
Ma ben presto il corpo, memore della libidinosa sensazione appena provata, sceglie di anteporre alla razionale salvezza dell'organismo la cruda e selvaggia sete di piacere, di emozione viscerale, di macabro godimento. 
E' il momento del panico, assaporiamo l'eterna fusione tra morte e sesso. 
E così il corpo rimane immobile e richiama a sé la gelida sensazione di morte che attendeva ghignante di essere liberata. Risucchia il brivido e lo pompa in ogni cellula del corpo.
E' l'amplesso: tutti i sensi, contemporaneamente, raggiungono l'apice percettivo. E tutto, per un attimo, sembra avere senso e direzione. 
Il mondo sta in equilibrio su un filo sospeso a mezz'aria. L'universo è una spirale che ripercorre infinitamente i suoi passi. Ha senso persino racchiudere l'infinità dei pensieri mai pensati nel pensiero finito e pensato che siano infiniti. 
La pace.

La mente dell'uomo può allora godere di quell'istante in cui si viene trafitti dalla folle idea che, in fondo, si ha senso. Che la vita ha senso. Che lo ha persino la morte, qualunque tipo di morte.
Comprendiamo che il bianco esiste per far esistere il nero, e viceversa. Capiamo che nel momento in cui si mescolano perdono la loro essenza, il loro equilibrio, il loro senso. 
E dunque rifuggiamo il grigio, evitiamo la mediocrità, scappiamo di fronte alla stupidità dell'ignoranza. Attraverso quel brivido di panico raggiungiamo la certezza che, se vogliamo trovare al bianco, dobbiamo ingoiare il nero fino ad assorbirlo completamente. 

In un momento e per non più di un istante, tutto è chiaro.

Desideriamo il caldo abbraccio del sole perchè abbiamo temuto nella notte gelida.
Gioiamo perchè abbiamo oltrepassato il dolore.
Sappiamo di essere vivi perchè dovremo morire.
E dunque cerchiamo la paura della morte, godiamo nell'assaporarla in anticipo, tentiamo di trattenerla in noi come fossimo un sarcofago.

Per risorgere.



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