Immobilità da panico.
L'immersione nel terrore liquido,
bollente, nero e vischioso come petrolio.
La vertiginosa inversione del respiro
nel momento in cui ci si butta.
La pietrificazione degli arti e della
volontà.
Il terrore controproducente, la paura
totalmente illogica che fonde i piedi al terreno, le mani ai fianchi,
i neuroni alla morbida sostanza budinosa del cervello.
Siamo stati creati per reagire agli
stimoli, per scattare ai pericoli, per trovare soluzioni veloci ai
problemi. Ma talvolta il meccanismo s'inceppa, la macchina umana si
blocca (e s'inverte) per una manciata di secondi che possono esserle
fatali. L'organismo rischia il proprio annullamento per un piacere
immenso. Che varrebbe cento volte la morte più dolorosa.
Nel momento della paura, un brivido
gelido e saturo di morte scende strisciando sinuosamente lungo la
schiena. Lentamente, per darci il tempo di sbarrare gli occhi, di
contrarre le dita e di rabbrividire, scrollandolo giù e rigettandolo
a terra.
Ma ben presto il corpo, memore della
libidinosa sensazione appena provata, sceglie di anteporre alla
razionale salvezza dell'organismo la cruda e selvaggia sete di
piacere, di emozione viscerale, di macabro godimento.
E' il momento
del panico, assaporiamo l'eterna fusione tra morte e sesso.
E così
il corpo rimane immobile e richiama a sé la gelida sensazione di
morte che attendeva ghignante di essere liberata. Risucchia il
brivido e lo pompa in ogni cellula del corpo.
E' l'amplesso: tutti i
sensi, contemporaneamente, raggiungono l'apice percettivo. E tutto,
per un attimo, sembra avere senso e direzione.
Il mondo sta in
equilibrio su un filo sospeso a mezz'aria. L'universo è una spirale
che ripercorre infinitamente i suoi passi. Ha senso persino
racchiudere l'infinità dei pensieri mai pensati nel pensiero finito
e pensato che siano infiniti.
La pace.
La mente dell'uomo può allora godere
di quell'istante in cui si viene trafitti dalla folle idea che, in
fondo, si ha senso. Che la vita ha senso. Che lo ha persino la morte, qualunque tipo di morte.
Comprendiamo che il bianco esiste per far esistere il nero, e
viceversa. Capiamo che nel momento in cui si mescolano perdono la
loro essenza, il loro equilibrio, il loro senso.
E dunque rifuggiamo
il grigio, evitiamo la mediocrità, scappiamo di fronte alla
stupidità dell'ignoranza. Attraverso quel brivido di panico
raggiungiamo la certezza che, se vogliamo trovare al bianco,
dobbiamo ingoiare il nero fino ad assorbirlo completamente.
In un
momento e per non più di un istante, tutto è chiaro.
Desideriamo il caldo abbraccio del sole
perchè abbiamo temuto nella notte gelida.
Gioiamo perchè abbiamo oltrepassato il
dolore.
Sappiamo di essere vivi perchè dovremo
morire.
E dunque cerchiamo la paura della morte, godiamo
nell'assaporarla in anticipo, tentiamo di trattenerla in noi come
fossimo un sarcofago.
Per risorgere.
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