lunedì 9 dicembre 2013
IL TEMPO DELLA LIBERTA'
Urogallo, Tetrao urogallus:
"Mi viene in mente Il Cantico del gallo silvestre di Giacomo Leopardi, forse qualcuno ricorderà di averlo letto: quel gallo che viene a cantare alla fine dell’uomo e il grande silenzio finisce e riempirà l’universo. Al di là dell’infinito ancora, Leopardi immagina questo animale che parte da lontano, forse viene da un altro pianeta, si posa su un ramo secco e dice: non c’è più niente."
- Mario Rigoni Stern
IL TEMPO DELLA LIBERTA'
Oggi non ho parlato per tutto il giorno, oggi ha vinto il silenzio.
Sentivo un bisogno di pulizia, dovevo fare spazio ai pensieri più giusti, ho ripreso il binario corretto.
Ho capito che verrà un tempo nuovo, dove la parola progresso sarà riferibile ad un'epoca storica passata. L'innovazione sarà un ricordo.
Non sarà un'epoca florida quella, non ci saranno vetrine e democrazia, non ci sarà la politica.
In nome della velocità abbiamo perso le nostre radici, non conosciamo la nostra pianura, le nostre montagne.
Cambia pure il linguaggio, oggi ancor più velocemente. Parole senza storia invadono le nostre città, tutto è troppo complicato per avere la supponenza di essere veritieri perché non lo siamo.
Abbiamo regalato il diritto alla ricerca interiore e il dovere di essere uomini e donne in movimento a qualcosa di profondamente immateriale che però si esprime in concreto con l'impossibilità di uscire dagli schemi proposti. Possiamo essere "il meno peggio" se lo vogliamo ma quello che è certo è che non possiamo piu' permetterci il lusso di camminare verso un obiettivo raggiungibile. E' possibile sognare ancora anche se il sogno diventa solo benzina per andare avanti non una meta realizzabile.
E' mai esistito il tempo per la libertà?
Quello che è certo è che questo tempo non è il nostro. Non lo percepisco perché manca il fiato, a volte manca la voglia di combattere, sento il bisogno di perdere e perdo inesorabilmente.
Ecco però che la domanda appena posta può essere interpretata da un punto di vista radicalmente diverso.
Il tempo della libertà non è stato e non sarà ma talvolta è, basta essere predisposti a coglierlo.
Il progresso qui scompare, questa volta è lui il perdente. In nome del progresso siamo costretti al tempo dell'attesa non a quello della libertà. Questa ci è data già confezionata, non ci appartiene ma possiamo rincorrerla senza però afferrarla, mai. Questo purtroppo è il nostro tempo, quello del progresso.
Ma verrà un altro tempo ne sono sicuro, impossibile da prevedere ma non per questo meno inesorabile.
Un tempo veramente rivoluzionario che cambierà la nostra concezione del tempo prima di tutto.
La libertà allora sarà nostra perché nascerà da noi stessi.
Sarà tutta una questione di natura, saremo uomini di natura perché spontaneamente piantati a terra dai nostri sogni, non saremo predisposti a camminare in attesa di qualcosa.
Non guarderemo l'orologio perché sarà strumento obsoleto, non programmeremo i giorni, i mesi e gli anni.
Non invecchieremo.
Non esisterà l'infanzia e nemmeno l'adolescenza.
Il nostro tempo morirà.
Non parleremo usando verbi al futuro o al passato come sto facendo ora. Ecco, nemmeno il presente sarà lo stesso. Tutto tornerà ad essere alla nostra portata, se lo vorremo.
Quel tempo è possibile anche adesso perché non lo si può aspettare ma lo si deve vivere. E' una sfida, una sofferenza.
Ecco che la domanda di prima deve essere riformulata.
Il tempo per la libertà non è mai esistito e mai esisterà ma e' possibile, è afferrabile. Lo si può perdere e riprendere, basta conoscerlo.
Possiamo essere liberi anche oggi dunque senza aspettare il domani, senza rimpiangere il passato.
Possiamo essere schiavi oggi.
Possiamo essere tutto. Basta essere.
Essere non ha declinazioni ne tempi.
Il nostro essere è scandito da una lotta armoniosa tra bene e male. La somma di ciò vale molto di più di una semplice addizione. Il risultato è lo scardinamento del nostro tempo, una rottura pesante con l'attualità.
Dare per scontato qualcosa è già sintomo di sconfitta e guardandomi attorno vedo molti perdenti.
La nostra principale sconfitta è dividere la vita dalla morte credendo che la prima possa esistere anche senza la seconda. Questa divisione primordiale è madre di tutti i nostri problemi. Dividendo vita e morte creiamo un confine, come quello che divide una nazione dall'altra, come quello creato dal denaro, dalla burocrazia, dal nostro potere, dai partiti.
Consideriamo il reale con questo modo di vedere il mondo, concependo ciò che è parte di un tutto come scontro di parti diverse.
Quando guarderemo alla realtà consapevoli che il conflitto continuo crea poi armonia, che il caos di parti in gioco non è divisione ma è la pura ed indivisibile natura delle cose, saremo uomini liberi dal giogo della schiavitù, dal peso di questo nostro tempo, dal futuro e dal passato.
Saremo finalmente liberi e vivi.
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