martedì 2 settembre 2014

Il fardello dell'uomo bianco (ancora)



Credo che in fondo sia semplicemente una questione di culti.
Siamo uomini: pensiamo (decisamente più del necessario per la nostra sopravvivenza), ci facciamo domande che sappiamo essere irrisolvibili e infine scopriamo di essere terribilmente incapaci di convivere con l'irrequietudine di non possedere le risposte. Ed è qui che il genere umano crea le risposte che cercava e, assieme ad esse, la sicurezza che solo le false certezze sanno dare. 
Le religioni sono il prodotto ricchissimo e complesso della consapevolezza degli uomini di non bastarsi. A noi servono idee, uno scopo, un insieme di credenze. Ci servono per sentirci uniti, forti, difesi e, in ultima istanza, giusti. 
O peggio, più giusti.

Una qualunque comunità formata da esseri umani necessita, per sopravvivere, di un nemico. Tale nemico nasce dal pregiudizio, dalla catalogazione del reale, da biases (errori) cognitivi che la nostra mente usa per semplificare la nostra visione del mondo. E' automaticamente nemico chi è diverso: rappresenta una minaccia all'unità della comunità ed alla sua stabilità. Il nemico ci costringe a rivalutare la correttezza delle nostre credenze, cosa che non possiamo permetterci. Dunque è proprio grazie a questa minaccia esterna che la comunità trova il pretesto per unirsi ancor più; la stabilità viene forgiata dall'odio nei confronti del diverso. Diverso che si trasforma velocissimamente in sbagliato ed inferiore.

Ma il meccanismo di formazione e rafforzamento di una comunità religiosa non caratterizza unicamente questa realtà, lo si può ritrovare identico (forse solo più celato) in difesa delle credenze più disparate.
In tempi molto più recenti, nella gloriosa epoca definita “dei lumi”, coraggiose personalità, stanche della pesantezza e delle oscenità perpetrate dalle chiese tradizionali, hanno iniziato una furiosa lotta per l'affermazione di un nuovo culto. La dea Ragione ha preso il posto degli dèi precedenti, e nuovi martiri hanno fomentato la credenza dei seguaci di essere nel giusto. Nuovi credenti, nuovi santuari, nuove cerimonie. Enormi passi avanti nella conoscenza del mondo e nella ricerca di una risposta a quelle tanto fastidiose domande che ci hanno sempre assaliti, è innegabile, ma accompagnati da un irrispettoso disprezzo nei confronti di qualunque altro culto. Ecco il punto: nel momento in cui si passa dalla descrizione al giudizio morale, qualunque disciplina si trasforma in culto. E la scienza lo è divenuta senz'altro.

Cito da Orwell:

“«Compagni» gridò «voi non immaginerete, spero, che noi maiali facciamo questo per spirito d'egoismo o di privilegio. A molti di noi realmente ripugnano il latte e le mele. Anche a me non piacciono. Il solo scopo nel prendere queste cose è di conservare la nostra salute. Il latte e le mele (e ciò è provato dalla Scienza, compagni) contengono sostanze assolutamente necessarie al benessere del maiale. Noi maiali siamo lavoratori del pensiero. Tutto l'andamento e l'organizzazione di questa fattoria dipendono da noi. Giorno e notte noi vegliamo al vostro benessere».”

La razionalità della scienza è la nostra nuova religione, la nostra fonte di sicurezza, il nostro nuovo e meraviglioso pretesto. L'Occidente si è fatto portatore di questo culto innovativo ed ha iniziato fin da subito a pretendere di trapiantarlo nelle selvagge terre governate dal misticismo e dall'immobilità. Perchè no? Dobbiamo pur far sapere a quei barbari che l'evoluzione è inevitabile, che ci offriamo (per il loro bene, certo!) come guida e modello. E siamo talmente magnanimi da voler esportare tutti i culti che ci stanno più a cuore: la venerazione per il denaro, i miracoli dello sviluppo tecnologico, l'individualismo, la cura spasmodica per la persona, la velocità, l'efficienza. E si potrebbe continuare. Siamo i peggiori credenti, noi occidentali, siamo dei politeisti invasati e fanatici. E siamo anche i peggiori fondamentalisti: ci consideriamo talmente evoluti da avere il dovere morale di trascinare verso di noi le culture sottosviluppate.
The white man's burden, di nuovo.

“Addossatevi il fardello dell'uomo bianco
Mandate i migliori della vostra razza
Andate, costringete i vostri figli all'esilio
Per servire ai bisogni dei sottoposti;
Per custodire in pesante assetto
Gente irrequieta e sfrenata
Popoli truci, da poco soggetti,
Mezzo demoni e mezzo bambini. [...]”

L'evoluzione è il nostro nuovo intollerante dio, per il quale abbiamo compiuto i peggiori crimini, giungendo anche al genocidio.
Non sappiamo imparare, non concepiamo il relativismo. Non sappiamo capire che il senso di appartenenza e sicurezza che ci danno i nostri culti sono esattamente gli stessi sentimenti che animano i diversi da noi.

Un errore che compiamo ormai da secoli è quello di generalizzare e semplificare in modo terribilmente riduttivo il mondo islamico, questo sconosciuto. E' il nemico più facile: è il più forte ed è quello che ci spaventa più di tutti perchè va a colpire proprio il nostro essere occidentali. Pecchiamo allora di un pensiero troppo veloce e banale: consideriamo il fatto che alcuni musulmani siano pronti a morire e ad uccidere per quello in cui credono come dimostrazione che l'Islam in sé è sbagliato. E si tratta di un errore che ci accompagna da sempre: le crociate contro i barbari musulmani trovano ancora eco nella voce di moltissimi contemporanei. E non si tratta solo del malcelato razzismo del Front National o della Lega Nord, ma di un pensiero che serpeggia tra le personalità più disparate: una per tutte è la Fallaci.

E' senz'altro legittima e giustificata la nostra paura nei confronti di ciò che non conosciamo, specialmente se così radicalmente diverso da ciò in cui siamo ormai assuefatti a credere. Si tratta di uno scontro di civiltà (leggi: culti), è una guerra che vede più fronti schierati e con armi differenti, ma con lo stesso desiderio di dominare il nemico e di imporgli le proprie credenze. 
Combattere il fondamentalismo con la presunta superiorità della nostra ragione-religione non è altro che una diversa forma di fondamentalismo.

E' un circolo vizioso che continua da sempre, e l'unico modo per rompere questa catena che ci immobilizza è la consapevolezza che, in fondo, siamo tutti mossi da pretesti. Che l'Islam (come le altre religioni) è un complesso ed articolato prodotto dell'uomo e che l'uomo talvolta sfrutta come pretesto per compiere azioni che umane non sono più (o che lo sono fin troppo). 
E che anche la nostra fede nell'Occidente evoluto e portatore di libertà e democrazia è un pretesto, un'arma per sopraffare chi non accetta di credere nei nostri dèi.

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