giovedì 19 febbraio 2015

Cimiteri e periferie dell'Impero - Il cielo d'Irlanda 2


CIMITERI E PERIFERIE DELL'IMPERO

Cerchiamo per una volta di procedere dal triste all'allegro; gli dei sanno quanto nella vita di ognuno il processo sia tendenzialmente inverso. Ma qui abbiamo il controllo sulle parole, sulla trama e sullo svolgimento: esercitiamolo. Quel controllo che manca nella vita quotidiana.

Cimiteri

I cimiteri sono affascinanti.
Ricordo distintamente la faccia dell'ultima ragazza con cui sono uscito quando le ho esposto la mia teoria (per fortuna uscivamo già da un po'). Era un po' preoccupata, come se avesse appena scoperto di avere a che fare con un uomo piùcheventenne etero che inspiegabilmente colleziona barbie o con l'erede di un clan neonazista. Non che ci sia nulla di male nel collezionare Barbie, eh. Solo ti lascia un po' spiazzato. In ogni caso mi fa quella faccia lì, del tipo "ma tu, chi sei?" e "che cazzo dici?"; io aspetto un attimo prima di attaccarle una pappardella che non finisce più.

Sarà che la mia nonna era ultracattolica.
Non ultracattolica nel senso di Pontifex, nel senso che ci teneva un sacco al culto. Tipo a quello dei morti, al punto che per un po' l'ho sospettata di essere in qualche modo collegata alla costruzione delle piramidi - senza mai dirle ciò, non l'avrebbe presa bene per quanto le volessi dire che la ritenevo immortale e non una vecchiarda; la nonna, insomma, mi portava ogni santo weekend al cimitero a salutare il nonno. Proprio così, a "salutare". Io non so che definizione abbiate voi in testa di salutare, ma per me è un'azione che si applica ai vivi; forse è per questo che non riesco a considerare i cimiteri dei luoghi lugubri e macabri (prima del calar del sole, quantomeno). Tutte ste gitarelle (che i miei cugini e mio fratello si sono in gran parte evitati) mi hanno lasciato con l'impressione di essere non dico "a casa mia" in un cimitero, per fortuna non è possibile, ma quantomeno a casa della prozia, dove puoi sì gironzolare ma facendo piano che lo zio dorme e i souvenir sono fragili. Ecco, così sto. Niente fantasie macabre o altro, solo un po' di affetto residuo.

Per questo motivo mi faccio un punto d'onore di visitare i cimiteri all'estero. Ne ho visti a Trieste, in Slovenia, in Germania, in Libano e ora pure in Irlanda.
Eccola lì, la faccetta. La state facendo pure voi. E vabbè.
Si capisce molto dell'anima di un popolo nel guardare i loro cimiteri: d'altronde - vista la  cura che accompagna i rituali funebri dall'alba dei tempi, da quando divenne tabù mangiare i cadaveri dei propri simili - ogni cultura ha il suo modo di affrontare la morte e parla del genius loci molto più di un pamphlet nazionalista ottocentesco.

Gli Italiani, ad esempio, sono ordinati, tendenzialmente modesti, si nascondono alla vista, ne fanno una cosa privata oppure si riuniscono a grappoli in famiglie; così diversi dalla vita, in cui sono chiassosi, roboanti, arroganti e pretenziosi; l'ordine, per gli Italiani, è un'aspirazione continua che si concretizza dopo la morte, quando non c'è più nulla da fare.
Gli Irlandesi, non me ne vogliano gli amici di qui, tendono a far mostra delle loro tragedie con una cura dei particolari che solo un cattolico può avere: tombe monumentali ma tutte storte. O perlomeno, a Glendalough era così. E così ti rendi conto che anche un popolo che la vulgata vorrebbe col naso costantemente affogato nel bicchiere in fondo un'anima ce l'ha. E che anima! 

Periferia dell'Impero

Dublino è una singola enorme periferia. Pure il centro è periferico, pressoché senza centro. Sembra una battuta da due soldi ma è così: il centro è sbilanciato. C'è il college, c'è la zona del Temple bar, c'è il parco di St. Stephen's Green; c'è Christchurch e c'è St. Patrick. E il centro, appena ti sposti di cento metri, scompare. Puff! Casermoni, uffici e casette. Non serve molto, due minuti a piedi fuori dalle coordinate turistiche.

Io a Londra non ci sono mai stato, non ho idea della capitale dell'Impero. Però ho visto Roma, con le sue piazze imponenti, con la sua architettura maestosa, col centro storico possente a dominare l'umanità infelice che ci si accampa fuori nella speranza di potersi un giorno permettere un simile affitto. Ecco, Dublino è accampata assieme al 90% dei Romani.

Ecco, ora penserete che io sia un acidone. Col cavolo, la amo ancora di più. Da uno che ama i cimiteri, che v'aspettate, desideri borghesi? Le architetture roboanti e il lusso vanno bene per la macchina fotografica. Nel mio cuore ci sono le rovine, gli spazi sfitti (possibilmente rioccupati), la periferia esistenziale e l'architettura simil-sovietica così piena di possibilità. Poi gli affitti invece sono impossibili, visto che non c'è concorrenza e c'è tanta tanta domanda, tipo la mediocre che al liceo scopava molto molto più di te perché si faceva pochi problemi. Ecco: zero morale, zero pretese e tanta disponibilità, se sei disposto a pagare.

I palazzoni imponenti tipicamente rinascimentali lasciano poco all'immaginazione. Invece una città come Dublino, con le sue file di casette schierate, tutte uguali, ti fanno pensare: chi ci vivrà dentro? Spunta uno stivale da dietro una tenda, chissà che storia nasconde? (Questa l'ho vista ieri mattina). Fondamentalmente, se Roma è un centurione in giacca e cravatta che fa il gradasso e Londra, Berlino, New York possono passare per dei veri boss che non hanno bisogno di mostrare i muscoli come noi poveri italiani, Dublino è un ragazzotto dallo sguardo poco sveglio che ti offre una birra.

E scusate se io alla giacca e cravatta preferisco la pinta.

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