martedì 12 novembre 2013

Canto del cittadino del risveglio della città




Sono tornato a casa alle sette.
Ho passato la notte a chiacchierare a casa di una santa ragazza che mi ha stoicamente sopportato. Non avevo voglia di andare a dormire, la festa stava morendo, abbiamo preso un té e riso molto a sottovoce raccontandoci a vicenda il nostro passato.

E' stato toccante, in un certo senso.
Mi sono svegliato a mezzogiorno che ero pieno come un uovo di sensi di colpa, ho abbandonato casa sua alle sei e mezza, non è proprio una cosa carina.
Spero mi perdonerà.

Ma non è di questo che volevo parlare. Il preambolo è necessario per capire un po' le condizioni in cui mi trovavo.

E così, mezzo addormentato, mezzo sveglio, tutto infastidito con me stesso perché non avevo le cuffie con me, ho potuto apprezzare l'alba in questa terra spazzata dal vento e bagnata dal mare. Per Venticinque minuti sono strisciato come una bestiolina tra i palazzi di questa città umida e gelida e calda, che vive di opposti. I palazzi alti alti, cui non mi abituerò mai, le scalinate che sembrano vertiginose portare al cielo o sprofondarti nell'orrido, dipende in che direzione vai. Un tenore di azzurro tingeva l'aria fresca attorno a me, questa domenica il cui inizio coincideva con la mia ritirata nella grande terra incognita del prender sonno.

Fumando la mia sigaretta della strada ripensavo alla serata, con gli amici che si laureavano e tutti che incuranti bevevano, muti e inaccessibili nel frastuono attorno a me. E io, isola maledetta io, che ignaro mi mescolavo a loro, arcipelaghi di chiacchiere. Diagnosticare la calvizie alla gente, stroncare il film Hachiko, parlare di libri. E birra e sigaretta e birra e sigaretta, ad libitum.
Mi pareva un'altra dimensione.

In quel momento nulla esisteva. Avevo paura, per strada, a voltarmi. Temevo, come diceva il poeta, di accorgermi che nulla esiste davvero, che le cose fossero troppo addormentate per disporsi ordinate al loro posto davanti alle mie pupille per farsi riflettere in una parvenza di normalità. Era la pace, il silenzio di una domenica piovosetta e ventosa di novembre, erano le sei e mezza. Era bello.

Era il giornalaio che apriva, disponendo accuratamente in bella vista i film hard (qui si usa così), e il barista che ci discuteva. Il panettiere che finito il lavoro duro di aprire bottega e infornare si godeva una boccata d'aria. Di tutti quelli come me che si muovevano verso chissà dove, da chissà dove e chissà perché.

L'aria azzurra e tenera smetteva la sua aria conflittuale, le nubi, il sole, spariti, partiti per qualche meta, magari una vacanza. Va' a saperlo tu. E la città che parlava con la sua lingua di gabbiano, finalmente prendendosi un momento di rivincita sull'abituale logorrea auotmobilistica. Bello bello bello.

E poi, dal momento in cui ho infilato la chiave nella toppa, tutto è tornato come prima. Poche ore di sonno, colazione, pranzo, tesi, tabacco, computer-computer-computer, té, serie tv e paranoie.

E ho capito il poeta soldato che diceva: "Il mio supplizio / è quando / non mi credo / in armonia". Finalmente l'ho capito, basta poco per l'armonia. Basta prendersi un poco di spazio per sé stessi, vegliare alle stelle con qualcuno con cui parlare e tornare alla vita solamente all'alba. L'avevo imparato anni fa, attraversando la mia città natale all'alba. Ero in bici, ma ha funzionato lo stesso. Poi, con gli anni l'ho scordato. Succede.

Ma voi provateci. Provateci, provateci, provateci. Funziona magnificamente quando non conoscete più il posto dove state, quando siete sospesi, quando avete mille pensieri. Senza fretta e senza inganno, solo camminare e ammirare il risveglio della città.

2 commenti:

  1. Bellissimo! sgattaiolare via non sarà una buona cosa, ma fuggire dai soliti schemi e abitudini è l unico modo per scoprire le sensazioni che hai provato e di cui hai descritto. Le conosco anch'io e sono purtroppo molto rare. Alcune passeggiate solitarie della nostra vita sono memorabili. Chissà perché. Forse è lìalba a esser magica. Ma il bello è proprio non saperlo. Il bello della semplicità, e delle piccole cose. Farsi domande è inutile perché abituati come siamo al caos abbiamo dimenticato le risposte, sembra. 1000 di queste passeggiate a tutti e grazie Ugo! - Gil

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    1. grazie Gil! Fa piacere che ti sia piaciuto...quell'alba è stata decisamente magica, anche se non era di quelle albe tropicali che ti lasciano a bocca aperta, eppure...

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