martedì 29 luglio 2014

Libano: impressioni, riflessioni e appunti vari


Non era mia intenzione abbandonare così il mio diario di viaggio, ma dopo due settimane di continui rimandi e continue autogiustificazioni ("Ho da studiare, scriverò domani, internet va da culo") mi sono reso conto che qualcosa non funzionava: questa dovrebbe essere un'esperienza che un po' ti cambia la vita (e lo sta facendo - anche se non quanto pensavo) e tutto quello che riesco a scrivere è che mi imbriago e visito una città dietro l'altra? Per quello c'è tripadvisor. Kollettivo Ferramenta dovrebbe offrire qualcosa di diverso.

Decisamente gran parte della colpa è mia: da un lato ho lasciato che le mie capacità analitiche si affievolissero, sopraffatto come sono dalla bellezza puramente estetica del paese, delle spiagge e delle città; dall'altro forse mi aspettavo un po' di feedback in più, che i lettori mi aiutassero con la loro curiosità ad esplorare quegli aspetti del Libano che da studente di arabo e da superficiale conoscitore della sua tormentata storia magari tendo a dare per scontati.

Invece si è stabilita una spossante routine, interrotta da momenti di puro turismo, e i miei buoni propositi sono finiti in fondo al mare.
Questo è un piccolo tentativo di porvi rimedio, a una settimana e mezza dal mio ritorno in patria. Se si dovessero aggiungere altre riflessioni, proverò a pubblicarle.



APPUNTI SPARSI E RIFLESSIONI SUL LIBANO

1. Pregiudizi

La prima cosa che mi ha colpito del Libano è quanto poco si presti agli stereotipi: se venite qui sperando di trovare un paese "autenticamente" arabo, rimarrete assai delusi. Ma proprio brutalmente.
Il Libano è tanto arabo quanto lo è Napoli. O Atene.

La cultura libanese è innanzitutto una cultura mediterranea; è una cultura estremamente variegata, nuova ed antica allo stesso momento, che soffre di vecchi pregiudizi e di nuove malattie; non è per niente raro qui vedere una donna con l'hijab camminare fianco a fianco ad una signora ingioiellata, imbellettata e probabilmente pesantemente rifatta.

L'ideale di bellezza libanese è incredibilmente stereotipato e appiattito sull'ideale occidentale di bellezza: seni prosperosi, nasi poco ingombranti, labbra carnose; l'industria della chirurgia estetica qui conosce un successo che non ha paragoni. Mai avevo visto tante tette rifatte in un mese solo!
Per quanto diffuso sia questo fenomeno bisogna tuttavia dire che non è che TUTTI (sì, perché anche i maschi - e tanti! - si rifanno) partecipino a questa moda; molte persone rimangono al naturale. Ma i prezzi relativamente bassi e la pressione sociale a migliorarsi (spesso anche per trovare marito) portano un gran numero di persone ad intervenire sul proprio aspetto.  
Benvenuti nel mondo del corpo neoliberista.

L'impatto con la cultura e la società libanese è stato tanto forte proprio perché esse risultano vicine e lontane allo stesso tempo: le elité europeizzanti di Beirut che si scontrano con l'arabità delle popolazioni più rurali, la borghesia più fredda (e quindi più familiare), cortese ma distaccata, e i "poveri" che risultano spesso essere incredibilmente ospitali; un tassista ci ha offerto il caffè a casa sua a Tripoli, insisteva perché comprassimo da mangiare tutti assieme e dormissimo in casa sua! Cose impensabili per la società italiana - ed europea in genere. Non fraintendetemi: il divario esposto sopra tra "classi" va comunque letto secondo gli standard libanesi; a confronto col veneto qui il più riservato ti offre almeno un braccio. Di solito.

Il Libano inoltre delude chi si aspetta uno scontro di civiltà tra cristiani e islamici; l'atmosfera qui è, sotto quell'aspetto, più rilassata di quanto ci si possa mai aspettare. E ti può capitare il tassista, tanto per dire, che ti racconta che lui prega la madonna pur essendo uno sciita, perché nel Corano c'è, e che secondo lui tutti dovrebbero leggere il Corano perché dentro ci si ritrovano tutti (non gli abbiamo chiesto l'opinione sui vangeli solo perché non sapevamo la parola "vangelo", a malapena sapevamo la parola "cristiani"...)


2. Conflitto

Il conflitto in corso a Gaza è un crimine disumano. Talmente orripilante che forse la parola conflitto nemmeno rende l'idea di quanto sproporzionato, stupido e crudele è ciò che sta avvenendo tuttora in quella striscia di terra tormentata da tutti e che - parafrasando una famosa frase - si trova "troppo lontana da Dio (ammesso e non concesso che esista) e troppo vicina ad Israele".

Come è giusto e naturale che sia, parecchia gente a casa segue col fiato sospeso la drammatica escalation del conflitto e non è raro per me ricevere messaggi del tipo "Com'è la situazione lì? E' pericoloso? Attentati? Violenze?" Le risposte sono: No, non attualmente, rare.
A mio parere, il Libano ha imparato a malincuore a non lasciarsi trascinare da conflitti che sono decisamente troppo grandi per questo piccolo stato costiero; non è una bestemmia dire che parte della colpa per la tragica guerra civile che ha strangolato questo paese per decenni è stata scatenata anche dai Palestinesi.
Non sorprende quindi che qui la solidarietà con la Palestina sembri alquanto freddina: non è forse una questione di razzismi o di colpe del passato, quanto di una naturale circospezione; d'altronde ricordiamoci che Israele si è ritirato dal sud del paese appena nove anni fa, costretto alla ritirata dalla resistenza di Huzbollah, non prima di aver bombardato quasi a morte il paese.
Sembra una vita fa, ma se vai a Tiro trovi i cartelli con scritto "Lavori in corso per riparazione danni durante l'invasione israeliana". Wow.

3. Huzbollah

Una delle più grandi sorprese in questo viaggio è stato proprio Huzbollah - comunemente conosciuto in Italia come /'Esbollà/ ma pronunciato dai locali /Husbollà/.

Huzbollah è considerato da USA e UE come un'organizzazione terroristica per i suoi legami con l'Iran - col quale collabora per mantenere in sella Assad in Siria - e Hamas a Gaza, ma in Libano è un partito come tutti gli altri - non volendo forse considerare il fatto che ha una propria ala militare.

Quello che molti commentatori occidentali dimenticano, quando parlano di Huzbollah, è che partecipa attivamente alla vita politica libanese senza tentare minimamente di imporre le proprie opinioni religiose: dopo aver scacciato Israele, ponendo di fatto la parola fine alla guerra civile, Huzbollah disponeva del potere e del supporto necessario a rendere ancora una volta il paese un inferno prima di conquistare il potere e trasformarlo in una repubblica islamica; si sono rifiutati di farlo. E questo rifiuto è - credo - alla base del rispetto (se non della popolarità) di cui il partito gode in patria: mentre i gruppi religiosi venivano mossi sulla scacchiera dai diversi attori del conflitto - Israele coi maroniti, la Siria con gli sciiti, il Golfo e chissà chi altri coi sunniti, i drusi per conto proprio forse - il Partito di Dio ha lottato per cacciare gli occupanti.

Al punto che il collusissimo Rafiq Hariri (defunto omologo levantino di Berlusconi) si è rifiutato di disarmare le milizie sciite che controllano il sud del paese.

Pertanto potete immaginare che le aspettative fossero alquanto contrastanti quando decidiamo di andare a Tiro, nel cuore del territorio di Huzbollah. Si inizia col preoccuparsi del "dress code" e si finisce col bere birra in spiaggia. Lungo i muri della città ci sorridono le facce dei martiri e dei leader del movimento, inni alla resistenza, il presidente siriano, le bandiere del movimento alternate con quelle nazionali: cedro, partito, cedro, partito, cedro, partito...e lungo la strada hijab e cristiane fianco a fianco e questo imam e quell'altro proprio accanto al mcdonald...

E in fin dei conti credo di aver capito un po' meglio Hezbollah; aldilà della propaganda - stupida e superficiale cui siamo esposti in Italia, è un partito religioso tanto quanto lo era il Sinn Féin: nazionale prima che religioso, nazionalista prima che settario, politico e armato. E per assurdo, più democratico di tanti partiti cristiani in giro per l'Europa, forse...

Per concludere: al sentire che Huzbollah controlla la città ci si potrebbe aspettare tensioni; la verità è che la presenza del Partito di Dio è come il sole: c'è, si vede e cosa ci vuoi fare? Non c'è nemmeno bisogno di parlarne, è lì. E la vita scorre come se nulla fosse, tra spiaggia e mare e turismo. E martiri sorridenti.

E questo, al momento, è tutto. Tra nove giorni monterò sull'aereo che via Istanbul mi riporterà in Italia e riprenderò la mia routine. Ma mai come prima, questo è poco ma sicuro.

مع السلام

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